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Lasciamo il centro di Lisbona, per
raggiungere Belem, alla foce del Tejo.
Vasco da Gama, Cristoforo Colombo, Cabral, sono partiti da qui.
Andiamo subito a vedere il monumento che celebra le avventurose imprese
portoghesi:è una caravella stilizzata sui cui fianchi si susseguono
monaci, re e regine, cavalieri, esploratori , vecchi. Mi viene voglia di
leggere qualcosa su quest'argomento, anche perché mi affascinano le
figure dei viaggiatori che per primi hanno tracciato delle rotte. Forse
il mio è un approccio poco storico e molto romantico, ma mi piace
lasciarmi affascinare dagli intrepidi avventurieri che hanno scritto la
storia del Portogallo. |
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Appoggiata sull'oceano, ad un centinaio
di metri c'è la torre di Belem. |
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Questo è il punto preciso da cui sono
partite le conquiste portoghesi: è in stile manuelino, come del resto la
stupenda abbazia dei Girolamini, che ci apprestiamo a visitare,
nonostante la coda.
Per fortuna scorre veloce, anche grazie ad una donna delle pulizie che
fa schiantare tutti dalle risate dal momento che si diverte a far
ondeggiare la fila, minacciandoci a colpi di mocio.
Il chiostro è spettacolare, ricorda un po' quello di Batalha, ma mi
sembra più arioso, più solare. |
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La chiesa di santa Maria, di cui il
chiostro fa parte e che raccoglie le spoglie di Vasco da Gama, è una
stupenda chiesa gotica, con motivi ornamentali del tutto originali,
soprattutto sul soffitto.
Evora è la prossima tappa.
Lascio Lisbona con un po' di magone, anche perché sta cominciando ora il
nostro viaggio di ritorno verso l'Italia.
Evora è il capoluogo dell'Alentejo, regione agricola tra le più povere
del Portogallo.
Sebbene sia a tutti gli effetti una città, non le assomiglia affatto: la
case candide orlate di giallo, tutte addossate le une alle altre si
aprono in una piazza con un bel porticato basso, anch'esso rigorosamente
bianco. |
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Questa città è solare, piena di vita, mi
mette allegria.
Cosa non mette allegria è di certo la cappella degli ossi, che troviamo
un po' per caso.
È una cappella le cui pareti sono interamente ricoperte da ossa umane.
Abbiamo tentato di contare i teschi, tanto per avere un'idea del numero
di persone che hanno trovato qui la loro tomba, ma è stato impossibile,
erano troppi!
Credo che se fossimo stati soli ci sarebbe venuto uno scompenso!
Ancora senza cercarlo, troviamo un tempietto di epoca romana dedicato a
Diana, sulle cui rovine continuano a rimanere svaccati dei romani,
nonostante i ripetuti inviti delle guardie a scendere.
Arroiolos è la prossima meta.
Anche qui c'è una fortezza su un'altura, decidiamo di arrivarci passando
dai vicoletti disordinati del paese. |
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Ci sono cantieri dappertutto, stanno
rifacendo le fognature, ma nonostante questo il paese ha un'aria
dignitosa. Passando per le stradine suscitiamo l'interesse degli
attempati abitanti di questo paese, sicuramente non abituati ad avere
stranieri venuti per curiosare; una signora si affaccia dalla sua
finestra bordata di azzurro per darci spiegazioni sulla chiesa che si
affaccia sulla piazza principale, naturalmente in portoghese stretto,
così le sorridiamo e la salutiamo ringraziandola delle preziose
informazioni, di cui ovviamente non abbiamo capito nulla.
Le strade, a quest'ora della sera, sono piene di vecchini seduti sul
gradino dell'uscio a chiacchierare e a prendersi il fresco, forse è per
questo che ci sentiamo tanto osservati: non siamo abituati a camminare
in stradine popolate da gente che ci saluta sorridendo.
Il castello è un rudere, in mezzo al quale si erge una chiesa bianca e
azzurra, il colore dominante di questo paese.
Non so se la cosa è cercata, ma sembra proprio che qui ogni città o
paese abbia un colore diverso.
È la volta di Estremoz, dove ci fermeremo per la notte.
Ci arriviamo che è quasi buio; tutt'intorno c'è terra arida, sterpi e
tanti alberi di sughero: ad Alessio ricorda la Sardegna.
Estremoz è su una collina; risale al XV secolo e come gli altri paesi, è
dominato da un castello.
Ormai è buio e non rimane che lasciarsi affascinare da questo paesino
senza tempo: non lo potrei immaginare diversamente da quello che è,
neanche tra cent'anni.
Sull'altura da cui domina il Castello tira vento come dappertutto qui in
Portogallo; vediamo le case pallide e lunari, le strade strette un po'
labirintiche, del tutto immersi in un silenzio che rende l'aria
immobile, come se qui niente fosse destinato a cambiare.
Scendiamo in paese dove troviamo un ristorantino alla buona, sembra una
cucina; qui finalmente Alessio ha potuto mangiare qualcosa in più oltre
alla solita omelette.
La nostra ospite ci conferma che domani è giorno di mercato. |
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INFO: Per visualizzare le tappe sosta
almeno un secondo sulle boe rosse... dopodichè cliccaci sopra! |
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